MILANO - Un gran compleanno per
l'Argentina al Latinoamericando 2013. Alla presenza del Console Generale
Argentino Gustavo Moreno è stata inaugurata la Settimana Argentina
con una presentazione indimenticabile. A fare da cornice all’evento, le opere
del maestro Julio Paz, pittore
argentino, emigrato nel 1978, vissuto tra Milano, Berlino e Buenos Aires, dove
ha realizzato la sua arte, inquieta e ironica, come l'installazione La
Larga Noche, presentata al Festival, che ha come
protagonista Bolivar. Julio Paz è nato il giorno prima della Festa dell'Indipendenza, alcuni quadri
dell'esposizione hanno come tema la vita di quartiere a Buenos Aires, come il
lavoro del parrucchiere, ci sono omaggi al re del tango Carlos Gardel e al
pittore Cándido López.
Ad Assago si respira l’atmosfera tipica del Festival: frizzante,
allegra, con il maestro di cerimonie che presenta il programma dell’evento mentre
il Console Generale si augura un brindisi nel 2016, anno del Quinto Centenario dell'Indipendenza
Argentina.
Si passa poi alla degustazione di
vini argentini e di empanadas. Con il
calice in mano, gli spettatori hanno ascoltato l'esibizione del gruppo di folklore argentino Trio Madre
Terra di Carlos Buschini. Carlos
suona il basso e il bombo, Miguel Angel Acosta di Buenos Aires e Martin Troncoso sono la chitarra e la
voce del gruppo. Tra chacareras e
tango, la danza più sensuale del mondo è stata ballata dal maestro Alejandro Ferrante con la splendida ballerina
italiana vestita di blu. L’esibizione di tango ha estasiato i partecipanti che
si sono fatti trasportare dalle note, immaginandosi in una milonga di Buenos
Aires, in un ambiente raffinato ed elegante o in una sala di periferia tra
mate, sigari, rose e innamorati.
Ed ecco il momento tanto atteso
da molti dei partecipanti, l'esibizione di Vito
José Arena, artista tucumano, che presenta al Latinoamericando l’abrazo futbolero, un abbraccio tra i
partecipanti contro la nonviolenza nel mondo del calcio e contro le
disuguaglianze della società. Il pubblico diventa attore attivo nella
performance con persone di tutte le età che salgono sul palco: bambini, adulti,
uomini, donne, italiani, argentini, sudamericani assieme a Vito, si stringono
in un caloroso abbraccio. Ad ognuno si da un poster con i 10 personaggi della Federazione di Calcio Sudamericana:
Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Paraguay, Peru, Uruguay e
Venezuela. Il sogno di Vito è realizzare un abrazo in Brasile l'anno prossimo
durante il Mondiale di Calcio del 2014 che si svolgerà in 12 città brasiliane: Belo Horizonte nello stato del Minais
Gerais, Brasilia (Distretto Federale),
Cuiabá (Mato Grosso), Curitiba (Paraná), Fortaleza (Ceará), Manaus
(Amazzonia), Natal (Rio Grande do Norte),
Porto Alegre (Rio Grande do Sul), Recife (Pernambuco), Rio de Janeiro e il mitico stadio Maracanà (Stato di Rio de Janeiro), Salvador (stato di Bahía) e São Paulo nell'omonimo Stato. L'abrazo
dovrà essere simile a quello avvenuto a Jujuy, nel 2011, in cui migliaia di
persone si sono unite in un abbraccio lungo il perimetro dello stadio, dando vita al primo
abrazo futbolero sudamericano con una esplosione di gioia e partecipazione dal
basso da parte del pubblico. E' quindi il legame speciale tra Argentina e Brasile
il tema della performance di Vito durante l’evento, che con l'abbraccio vuole
creare un ponte dall’Italia fino al Sudamerica. I bambini si fermano, si
abbracciano, si fanno le foto con Vito che regala i poster e c'è la caccia al
personaggio preferito: c'è chi vuole quello della Seleçao perchè ha la moglie
brasiliana, il ragazzo ecuadoriano vuole il poster con il personaggio con la
maglia gialloblu, quello dell’Argentina è già sparito nelle mani di qualche
fortunato bambino. L'energia è ai massimi livelli e l'entusiasmo cresce, c'è
chi va a mangiare in uno dei tanti ristoranti del LatinoAmericando, chi beve
una birra rigorosamente made in
Sudamerica, chi balla il tango, la salsa o i balli di gruppo. Il cielo è
terso e la musica crea la magia e l'illusione di essere a Caracas, a Rio, a
Quito, a Lima, nella metropoli della propria infanzia o dei propri sogni.
ALESSANDRO DELFIORE